Il “caso Irlanda” e la difesa del made in Italy
Vino e salute, un argomento da sempre discusso e caldissimo in questo momento dopo la “questione irlandese”. C’è grande fermento tra produttori e viticoltori ma soprattutto c’è preoccupazione per la proposta dell’Irlanda di inserire delle avvertenze sugli alcolici, vino compreso, per informare sui danni che un consumo eccessivo potrebbe arrecare alla salute; un po’ come quello che già avviene sui pacchetti di sigarette. L’Europa si è divisa, molti non si sono pronunciati ma Italia, Francia e Spagna, patrie del buon vino e con una lunga tradizione alle spalle, guardano con timore alla norma che è stata notificata alla Wto (l’Organizzazione Mondiale del Commercio) a Ginevra il 6 febbraio scorso. Ora la palla passa ai singoli Stati membri che hanno novanta giorni per sollevare le loro opposizioni.
E l’Italia è scesa in campo e sta facendo di tutto per cercare di difendere uno dei suoi prodotti di punta. Il settore ha espresso soddisfazione per la posizione del governo nella difesa delle eccellenze del made in Italy, come il nostro vino, e per l’interesse dimostrato nel volerne promuovere un consumo moderato e responsabile, senza però “metterlo al bando” ed etichettarlo come nocivo.
Di recente, a Roma, al Senato, si è tenuto anche il convegno “Bere Mediterraneo. Gli effetti sulla salute di un consumo moderato del vino” dove è stata annunciata la nascita dell’Istituto per la Ricerca su Vino, Alimentazione e Salute, un ente che si propone di promuovere lo studio, la ricerca e la conoscenza su tutti gli aspetti dell’alimentazione nella medicina, innovazione interessante naturalmente anche per l’universo vino italiano. “Come Unione italiana vini – ha commentato il presidente Lamberto Frescobaldi – accogliamo con entusiasmo la nascita di un istituto indipendentein grado di stimolare la ricerca e il confronto sui temi così importanti”.
Per il presidente dell’associazione che rappresenta oltre l’85% dell’export vitivinicolo italiano, “oggi il vino è anche economia: con 310mila imprese, 670mila ettari vitati, 1,2milioni di addetti, ed è in grado di generare un fatturato diretto di circa 15 miliardi di euro. Il vino realizza il 75% del valore delle esportazioni di tutte le bevande alcoliche italiane e ha una bilancia commerciale in attivo di circa 7,5 miliardi di euro l’anno, che incide per oltre il 40% del saldo import-export di tutto l’agroalimentare italiano. A questi numeri si aggiunge il beneficio esponenziale in termini di indotto turistico, di personale specializzato, di sostegno socioeconomico in favore di aree rurali svantaggiate, di valorizzazione del bene fondiario e del brand Italia”. Numeri e argomenti che saranno presto approfonditi anche al Vinitaly e che testimoniano l’importanza di difendere un settore strategico per l’economia italiana, un’eccellenza che ci invidia il mondo e che rischia di perderci. Anche se, in fondo, i fumatori accaniti sono rimasti tali, nonostante gli avvertimenti; magari qualcuno negli ultimi anni ha cominciato a fumare meno. Ma non ci sono evidenze scientifiche che un calice di buon vino ogni tanto faccia davvero così male, ci sono anche, invece, evidenze su alcuni benefici a livello cardiologico e non solo. (Tempo fa ho scritto anche su questo, lo trovate nel blog). In ogni caso si tratta sempre di essere moderati, magari bere meno ma bene. Il tema dell’etichetta allarmistica non credo cambierà troppo le abitudini di chi già beve per piacere e con consapevolezza. Che ne pensate?
E allora…