Spumantizzazione, zone, caratteristiche, per non sbagliare occasione e abbinamento
Si avvicinano le feste e ci si prepara ai menu di Natale e Capodanno con un occhio anche al vino. E cosa c’è di meglio di una bollicina? Non tutti però hanno ben presente la differenza tra uno spumante e l’altro, fanno confusione con il dosaggio zuccherino e l’abbinamento, dall’antipasto al dessert (per il dosaggio zuccherino vi rimando all’articolo specifico).
Proviamo a fare un po’ di chiarezza, in modo semplice, per scegliere più facilmente e con consapevolezza in base a quello che si porta in tavola e all’effetto che si vuole ottenere, partendo dal presupposto che le bollicine sono perfette anche a tutto pasto e fanno sempre fare una bella figura.
Per definizione, intendiamo come spumanti quei vini in cui è presente anidride carbonica disciolta che genera una sovrapressione di almeno 3,5 atmosfere assolute all’interno della bottiglia. Ci sono diversi metodi di spumantizzazione e già questo può mettere in difficoltà. I due principali sono il Metodo Charmat e il Metodo Classico: per produrre entrambi si parte da un vino base a cui viene addizionata una miscela di zuccheri e lieviti la cui rifermentazione è alla base dell’effervescenza dei vini.
Metodo Classico o Metodo Champenoise (per gli Champagne prodotti nell’omonima regione) o Crémant (per gli spumanti prodotti nel resto della Francia): si ottiene dalla rifermentazione in bottiglia dei vini base (solitamente i vitigni sono Chardonnay, Pinot Nero, Pinot Bianco e Pinot Meunier – soprattutto in Champagne – ma alcuni sperimentano anche con altri). Dopo un attenta raccolta, per lo più manuale, pressatura soffice, raffreddamento e stabilizzazione del mosto, si aggiunge il “pied de cuve”, cioè la selezione di lieviti che fa partire la prima fermentazione alcolica: nel caso di vini base della stessa annata si ha uno spumante millesimato (almeno l’85% delle uve della stessa annata); se si assemblano vini base di diverse annate, allora si parla di “cuvée”. Poi c’è la seconda fermentazione in bottiglia- la rifermentazione, grazie all’aggiunta dello sciroppo di dosaggio o “liqueur de tirage” (miscela di vino, zucchero di canna, lieviti, sostanze minerali). Il vino viene imbottigliato e sigillato con tappo a corona, poi le bottiglie vengono accatastate in orizzontale in cantina, a temperatura bassa e costante, e al buio.
É la fase della presa di spuma in cui i lieviti trasformano lo zucchero in anidride carbonica e alcol più una serie si sostanze secondarie che danno al vino profumi, aromi, ecc. L’affinamento sui lieviti può andare da circa 24 a 150 mesi, più il contatto con i lieviti è lungo, più aumenta la complessità, il profumo, l’intensità dello spumante e così le bollicine, più fini e persistenti.
Durante l’ultimo periodo di affinamento poi le bottiglie vengono ruotate – Remuage – manualmente o meccanicamente – per favorire il deposito di lieviti sul collo della bottiglia. La fase successiva infatti è la Sboccatura o Degorgement in cui congelando il collo della bottiglia in una soluzione di sali si favorisce l’espulsione delle fecce grazie anche alla pressione interna.
Alla fine lo spumante avrà poco zucchero perché i lieviti lo hanno trasformato e a questo punto il produttore, in base al prodotto che vuole ottenere, aggiunge la sua ricetta segreta, il “Liqueur d’expedition”, costituito da vino di vecchie annate particolari, acquavite, zucchero di canna, ognuno ha la sua formula e la sua firma, che determina poi anche il grado zuccherino dello spumante. C’è poi il rabbocco per rendere le bottiglie tutte uguali e la tappatura con il tappo a fungo e con la gabbietta.
Metodo Charmat: è anche detto Metodo Martinotti, fu infatti l’astigiano Federico Martinotti a inventare il metodo e Eugéne Charmat brevettò l’attrezzatura per metterlo in pratica. La differenza con il Metodo Classico è che, dopo aver prodotto il vino base si prepara il pied de cuve con lieviti selezionati, zuccheri e sali e si mette il tutto in autoclave di acciaio a temperatura e pressione controllate. La seconda fermentazione è quindi più rapida e semplice, dai 30 giorni a sei mesi circa, ma chiaramente più è lunga, più il vino si arricchisce di profumi. Segue la filtrazione, il dosaggio, cioè la “correzione finale” con l’aggiunta di una miscela di vino e zucchero, e l’imbottigliamento. Il pregio di questo metodo è che si mantengono molte caratteristiche del vitigno di base usato, non la complessità che si sviluppa con la lunga permanenza e l’azione dei lieviti, quindi in alcuni casi se si preferisce un vino semplice, fresco, fruttato, può essere una scelta valida, meno costosa e pratica per un aperitivo, un antipasto, un dessert, ma le bollicine che si producono sono solitamente più lente e grossolane (parlando del perlage). Un tipico esempio di Metodo Charmat è il Prosecco.
Metodo Ancestrale: meno famoso ma tornato di moda, soprattutto tra i fautori del Naturale, Biodinamico, ecc.Le uve vengono leggermente pressate per favorire l’estrazione dei “lieviti indigeni” presenti nella buccia dei grappoli. Poi la fermentazione viene fatta in botti di acciaio inox a temperature controllate e bloccata a un livello di zuccheri preciso per garantire la ripresa della fermentazione dopo l’imbottigliamento, che avviene direttamente in bottiglia senza l’aggiunta di ulteriori zuccheri o lieviti. É un processo spontaneo e spesso si prediligono vini base molto zuccherini e concentrati per facilitarlo.
Spiegato questo, che ci consente di capire cosa stiamo acquistano quando leggiamo Metodo Classico, Charmat, Millesimato, immaginando la complessità, la ricchezza e l’eleganza di una bollicina che portiamo a tavola, è importante classificare gli Spumanti, oltre che per il dosaggio zuccherino, per le zone di produzione, perché anche da questo dipendono alcune caratteristiche.
Oggi ci limitiamo a parlare di bollicine italiane: la zona del Prosecco DOCG è quella di Conegliano-Valdobbiadene, nel trevigiano; il vitigno in questione è Glera. C’è poi la meravigliosa Franciacorta, tra Brescia e l’estremità meridionale del Lago d’Iseo, dove si producono spumanti Metodo Classico DOCG, davvero eleganti, prodotti con uve Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco. Tra le varie tipologie spicca il Satèn, un Blanc de Blancs con una pressione leggermente inferiore (massimo 5 atmosfere rispetto alle 6 abituali) “cremoso” e morbido. Bollicine complesse che prevedono questi tempi di permanenza minima sui lieviti: 18 mesi per il Franciacorta, 24 mesi per il Satèn e il Rosé, 30 mesi per tutti i millesimati e, 60 mesi per le Riserve).
Un’altra zona molto vocata alla spumantizzazione è l’Oltrepò Pavese: qui si producono spumanti Metodo Classico DOCG in gran parte con uve Pinot nero. I tempi di permanenza minimi sui lieviti sono di 15 mesi per gli spumanti base e di 24 mesi per i millesimati. Parliamo di bollicine vivaci e potenti, perfette per antipasti e primi. In questa zona vanno per la maggiore i Rosè e si producono anche Charmat di livello.
Ci sono poi le “bollicine di montagna”, nella Provincia di Trento nasce il Trento DOC, spumante Metodo Classico ottenuto in diversi casi da uve 100% Chardonnay. I tempi di permanenza minimi sulle fecce sono 15 mesi per il Brut, 24 per i millesimati e 36 per le Riserve che però a volte arrivano a oltre 5 anni. Spumanti di estrema raffinatezza e freschezza con acidità ben marcata.
Inoltre, l’Alta Langa piemontese, famosa per i suoi spumanti spesso millesimati con uve soprattutto Chardonnay e Pinot nero.
Fatta un po’ di chiarezza? Forse adesso è ancora più difficile scegliere,
E allora…